Il retail automotive tra nuove sfide e vecchie rigidità

Lautomotive sta vivendo una delle trasformazioni più profonde della sua storia, è più che noto. Un cambiamento che ha colpito tutta la filiera, e che grava in modo particolare su alcuni attori particolarmente esposti: i concessionari, i loro commerciali e tutte le persone che sono a contatto con il cliente finale.

Il recente Automotive Dealer Day 2025, in questo senso, è stato un’occasione utile per confrontarsi con colleghi, addetti ai lavori e professionisti del settore. 

Un momento di ascolto e riflessione che ha confermato alcune percezioni ormai ricorrenti: il settore continua a manifestare le sue rigidità e poche scintille innovative dal punto di vista distributivo, in opposizione ad un’inesorabile innovazione di prodotto. Pochi spunti sembrano capaci di restituire energia a un comparto in costante sofferenza.  

Un settore che – almeno nella configurazione che conosciamo – potrebbe anche essere arrivato alla sua saturazione sistemica su più fronti: soluzioni industriali, strumenti, servizi, logiche distributive. 

Tanti gli interventi, numerosi gli speaker — esperti, imprenditori, opinion leader — ma ancora una volta è emersa una sovraesposizione ai macro-temi nonché una discontinuità tra questi e le azioni concretamente realizzabili nell’immediato da parte dei concessionari. Si è parlato di elettrificazione, digitalizzazione, costo del lavoro, equilibrio del modello distributivo: argomenti importanti e imprescindibili, ma troppo spesso utilizzati come alibi per giustificare un (ancora) diffuso immobilismo sul fronte operativo 

All’interno delle reti distributive compaiono ancora sacche di antiche debolezze: mancanza di iniziativa e strategia, uniti ad un approccio difensivo e una gestione legata a modelli operativi del passato. L’evento è stato utile per scuotere pericolosi atteggiamenti di attendismo e resa, che portano pericolosamente a “tirare i remi in barca” invece di agire con lucidità e coraggio imprenditoriale.  

Lo sviluppo attuale della tecnologia elettrica e la sua contestuale diffusione sul mercato ci mostrano con chiarezza il momento di difficoltà condiviso tra case e dealer che le rappresentano, nonostante la traiettoria tecnologica delle BEV ci prometta tempi migliori in termini di maturazione e diffusione sul mercato: 

E da qui, la domanda che in maniera ricorrente ci poniamo nell’approccio alla filiera è: “Come è possibile aiutare davvero il dealer ad effettuare il cambio di passo necessario?”. 

La risposta, soprattutto oggi, non può più essere vaga o diluita in promesse future. Si è parlato di attesa per l’avvento dell’auto elettrica di massa, del periodo di transizione, della crescita dell’infrastruttura stradale e di altri aspetti che, ad oggi, si possono ritenere in buona parte compiuti.

In assenza quindi di risposte certe provenienti dall’industria o dalla politica, riteniamo più che opportuno riscoprire il classico back to basics, con: 

  • Processi rinnovati, chiari, misurabili ed efficienti 
  • Strumenti adeguati che supportino con nuove tecnologie 
  • Figure competenti e professionalizzate 

Ma per farlo serve uno sforzo culturale: abbandonare l’approccio reattivo, difensivo, per adottare un metodo più analitico, più concreto e orientato al risultato, oltre che al cliente. Un’assenza è risuonata forte a Verona: la parola “formazioneè stata a malapena menzionata. Quasi data per scontata. Come se il passaggio più importante — quello che può trasformare la strategia in esperienza reale di scelta per il cliente — fosse già del tutto acquisito. 

La CX è infatti, è il vero terreno di gioco e una sfida sempre più all’ordine del giorno.

In uno scenario dominato dall’incertezza, gli showroom dovrebbero rappresentare un luogo di rassicurazione, fiducia e consulenza. Troppo spesso il cliente continua ad incontrare interlocutori non adeguatamente formati, motivati o non del tutto allineati alle aspettative. 

 

Le risposte rischiano di essere approssimative, su temi fondamentali, in un settore ad alto contenuto tecnico e con una sempre più crescente complessità. Il punto d’incontro tra cliente e brand non può essere lasciato al caso 

Infatti, secondo l’indagine McKinsey “Future of retail operations: Winning in a digital era”, l’83% dei dealer europei riconosce di non avere competenze adeguate ad affrontare il cambiamento in atto. Nel compendio “Customer experience: Creating value through transforming customer journeys“, si evidenzia come molte aziende tendano a sottovalutare l’importanza dei cambiamenti culturali interni necessari per migliorare l’esperienza del cliente, confermando che la formazione e il coinvolgimento del personale sono elementi critici per il successo. 

 

“Our loyalty flywheel”: Alessandro Biggi, founder of Avocaderia LLC Brooklyn, NY

Non è forse un caso che uno degli interventi più illuminanti del Dealer Day sia arrivato non da un esperto del settore, ma da un imprenditore che opera nel campo del fast-healthy food. Il suo contributo, diretto ed efficace, ha mostrato quanto si possa fornire linfa vitale al proprio business in termini di esperienza, team, motivazione, standard da rispettare e relazione con il cliente grazie in primis ad una precisa visione del risultato a cui tendere, oltre ad una sostenibile e imprescindibile organizzazione del lavoro.

Un confronto che ha messo in luce quanta strada ci sia ancora da fare in termini di cultura del cliente 

Un cliente che non deve essere solamente relegato ad uno slogan ricorrente, ma che necessita di essere considerato nell’approccio e nei processi organizzativi, come risultato ed effetto di tutte le azioni messe in campo dall’organizzazione e dai singoli attori.  

Riteniamo che l’innovazione debba passare per la semplificazione, attraverso l’azione quotidiana e il potenziamento delle competenze dei singoli.  

Le sfide non sono prevalentemente tecnologiche e politiche ma economiche e sociali, e richiederanno molta cura, attenzione e immaginazione. 

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Jet_Team
28/05/2025

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